Greta

sabato 13 marzo 2010

L’esperimento



Dicono che per le donne sia facile portarsi a letto qualcuno. O addirittura chi ti pare. «Basta che respiri»: una donna ha gioco facile. «Un buso l’è un buso (fino a 45/50 anni)», dicono certi. Io di anni ne ho 40 e di “busi” ne ho due. Uno davanti e uno dietro. Mi basterebbe riempirne uno. Ci vorrei il cazzo di Bruno.
Il punto è che non lo so mica, che cosa devo fare. Come farglielo capire.
E da tre settimane mi masturbo. Continuamente.

Dicono «sei una donna, basta che sculetti un po’. Mettiti una scollatura e sussurra che hai caldo. Vedrai che si capisce subito», dicono alcune. Altre «basta che ti passi la lingua sulle labbra e una mano fra i capelli».
Ma io ho i capelli corti. Il culo piccolo, le tette basse. E porto maglie col collo alto. Allora, da tre settimane mi masturbo. Continuamente. Orchestra di dita da succhiare, partitura per morsi di pelle e squarci di tasche su gambe incrociate camicie sudate, inquiete. Un duetto per archi nudi e voci amputate mi rintrona. Senza sosta.

Frantuma il sonno, mi spezza le notti, arrotola lenzuola. Questa notte, ad esempio, ho dormito 5 ore. Traghettata in orgasmi sincopati fra l’ultimo pensiero della sera e il primo del mattino: stasera esco con Bruno!


In mezzo, diciassette ore. Nove, a pensare come vestirmi. Quindici a pensare che dire che fare succhiare. Evitare. Baciare? E dove? Misurare, istigare, insinuare?
Come azzardarti a cavallo, a pecorina, una spagnola? te lo succhio ti sconquasso se mi stringi i polsi mi fermi le mani, portami via.
Ore a contare le ore. Diciassette. una per una a mangiarmi la quiete la mente la fame. In ufficio in banca e dal parrucchiere. Al telefono, ore 9 «Buon giorno, ufficio marketing BBH, sono Luciana, come posso aiutarla?» – «….» – «Un secondo, le passo la collega.» Appendo e corro in bagno. Tarlo, ore 10. Mi alzi la gonna. «Fai piano!» ti guido – guanto che mi inarchi la mano – pensiero abitato. Sei qui con me a stringermi fra le pareti di mattonelle vecchie e la gonna e la carne sciupata e quella molle sulle cosce, apri la brocca pelosa e spingi mi arrendo ti imploro – sussulto. Poi esco.


Da tre settimane smorzo orgasmi fra le pareti dell’ufficio dalle 9 alle 17. Con uno strano virus intestinale giustifico le assenze continue. Avida, stanca, tranquillamente agitata, stacco alle 5. Fra parole sciupate il tuo nome anchilosato sta in un angolo della mia mente nello sforzo di non toccarlo.

Ma niente succede – stasera - quando mi riporti a casa.
Nervosa avida effimera umida scendo dall’auto. «Ciao Bruno, buona notte» «Ciao, ci vediamo». Chiavi porta ascensore - scarpe, vestiti, sogni. Bollente. Nuda. Spengo la luce. Sgranocchio avanzi bui della tua voce e incollo ritagli di occhi liquidi e dita grosse - orgasmo breve – teso - nervoso.

Mi annuso le dita. Sa di buono. Mi piace, l’odore della mia figa. La faccia nel cuscino, mi chiedo che effetto ti farebbe leccarmi, sentire il mio odore. E finalmente, capisco che fare. Sabato prossimo, prima di uscire, mi spalmo due gocce di liquido vaginale: sui polsi, dietro le orecchie, fra i seni. Bruno, non vedo l’ora che mi torni a prendere.


© Madame Greta Urbetzkj Your Web-Mistress 2010
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