Greta

venerdì 22 gennaio 2010

Sulla soglia di insoliti sguardi

Mi sollevo pigramente dal letto e accendo una sigaretta. Fuori splende il sole. Sul mare e nessuno ci aspetta.

Ci siamo raccontati di nuovo, Luciano e io; incontro casuale, il nostro. Il primo. Io uscivo, lui entrava. Per una cena con le amiche della mia compagna di casa. Allora solo figlie di dentisti e magistrati. Oggi mogli e madri dalle strategie attempate e inadatte alla progettazione di diventare nonne. Donnesche allora e oggi sotto il mio sguardo non di genere sugli uomini. Mi si è stemperato, però, l'entusiasmo giovanile e allegro. Me ne rammarico.

Sere dopo conobbi Roberto, collega di Luciano: l'ispettore Benati, che ho sposato. Simpatia emiliana, muscoli a piacimento, amici viaggi serate pizze in compagnia. Che mi mancava? Niente.
Infatti.

Oltre la soglia che attraversavo uscendo mentre Luciano entrava, stavano 15 anni matrimoniali e due figli. Domeniche di tigelle focacce e pesto modenese. Estati di balere sul mare e pesce fresco sul barchino. Abili e ostinati cimeli di suocere curve su teglie di tortellini fatti in casa.

Con Luciano, siamo amici di famiglia. Da 15 anni. L'ho conosciuto pochi giorni dopo Roberto. 15 anni di pizze tigelle focacce serate chiacchiere battute risate pettegolezzi sulle colleghe modaiole. Quindici anni. Fino a natale.

Modena, piazza cittadella, ufficio.
Un vortice di canzoncine melense, baci falsi appesi nell'aria nebbiosa fuori dalla balera di un altro capodanno freddo. Palate di auguri chimici e buoni propositi plastici mi porterà via. Panico di montagne russe senza cintura di sicurezza. Respiro rotto. Ansimo. Sudo. Fratturo il pensiero. Telefono. Agenzia. Soccorso.




17 dicembre, casa di Alice.
Mi ero ripromessa di non dirlo a nessuno. Fino alla vigilia. Tranne che a Roberto, certo. Lui lo sa, e forse mi avrebbe anche capito. Inventando qualcosa per la suocera. Un viaggio di lavoro. E, grazie, no, non serve un pacco di tortellini per la pausa pranzo in conferenza.

Invece ho raccontato tutto, a tutti. In punta di divano. Valicata la riprovazione dietro gli occhiali di Giovanna, ho sguazzato nel trabocco di sorpresa sulle labbra di Serena.

«Vengo anch'io» dice Luciano. Non lo sento entrare, in cucina con lo scroscio dell'acqua sui piatti a coprire ogni rumore. Mi ha fissato tutta la sera. Appiccicati gli occhi alle mie mani che sparecchiavano impilando piatti spostando bicchieri racimolando posate.

Chiudo il rubinetto, altrimenti non sento. Ma non c'è niente da dire. Non c'è inflessione né entusiasmo nelle sue tre parole. Dato di fatto. Semplice. Perentorio. Tassativo, quasi.

Scarta avanti, il 17 dicembre, la porta girevole delle nostre vite.
Segmenti secanti sulle rette vie di Roberto e di Monica. Parallele: (mil. Spec. plurale) trinceramenti al fronte di attacco. Con funzione di collegamento e base di partenza. Monica. Roberto.

Triangoli sferici virtualmente impossibili.

Apro la finestra. 1 gennaio 2010. Olhos de Agua. Le scogliere rosse sull'oceano, punteggiate di foglie ovate e fichi d'india rossi.

«Alzati, dai, che c'è un sole splendido!», dico a Luciano. Allunga il braccio per tirarmi sul materasso. Scivolo e mi lascio cadere su di lui e fra le lenzuola arrotolate.

Maliziose occhiaie sotto trecce bionde e calunnie di lana celano l'imbocco del mio seno e lo stocco di nuovo turgido. L'aria dell'oceano scompiglia il bavero delle giacche.

1 gennaio 2010. Olhos de Agua. Camminiamo in silenzio sotto scogliere rosse. Punteggiate di foglie ovate e fichi d'india.






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